GIOCHI
A BÀCULA-'NZICULA
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A' BANNÈRA
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ABBÌRIRI CHI MI NNI VEGNU E RICU "ÀSCHI"
Si affrontano due squadre di quattro o più elementi ciascuna. Dopo aver stabilito con il gioco del "paru e zìparu" quale delle due gioca "'ncàpu"(vincitori) e quale "sutta" (perdenti), quella "sutta" si posiziona col capitano eretto, appoggiato con le spalle ad un muro, a dirigere i compagni che stanno invece piegati uno appreso all'altro in modo da formare un lungo ponte. Ogni giocatore della squadra "'ncàpu" dopo una rincorsa, durante la quale grida "abbìriri chi mi ni vegnu e ricu àschi", spicca un salto con battuta dei piedi a terra e delle mani sull'ultimo avversario piegato, cercando di posizionarsi sul ponte, il più vicino possibile al capitano avversario. Seguono via via, allo stesso modo, gli altri giocatori "'ncàpu". Se il ponte non regge, la squadra "sutta"deve riposizionarsi come prima. Cioè il gioco riprende senza vincitori nè vinti, ma senza inversione dei ruoli. Se invece un qualsiasi giocatore della squadra "'ncàpu" sbaglia il salto, o non trovando un appiglio cade o fa cadere un compagno, il gioco riprende con l'inversione dei ruoli. Alla fine dei salti, quando il ponte regge e tutti i giocatori della squadra "'ncàpu"sono riusciti a posizionarsi su di esso, il capitano della squadra "'ncàpu", ultimo a saltare, recita velocemente: " Quattru e quattru ottu, scarica 'u bottu. Aceddru chi pinni, scàrica e vattìnni". Se tutto è filato liscio il gioco si interrompe per ridefinire i ruoli. Il capitano dei "sutta" si posiziona alle spalle del capitano dei "ncàpu" e battendo alternativamente una mano, con deciso vigore, sulla nuca e sulle spalle dell'avversario, recita: "tiribùlli e tiribbàlli, quantu sùnnu i cascavàlli?", posizionando, senza farsi vedere, un qualsiasi numero di dita di una sola mano, alle spalle dell'avversario che solo se riuscirà ad indovinare rinnoverà il diritto a restare "ncàpu". Diversamente si invertono i ruoli e si ricomincia.
AMMUCCIARÈDDRA o A-(A)MMUCCIÀRI

È un gioco di gruppo generalmente senza posta. Con una classica conta si stabilisce chi fa da "sotto". Gli altri sono "i sopra". Lo scopo del gioco, per ogni "sopra", è quello di ribadire la propria "libertà" raggiungendo, dal luogo dove si è nascosto, la "meta" prestabilita prima che lo faccia "il sotto" che altrimenti lo catturerebbe (visto e pigghiàto). All'inizio del gioco "il sotto" deve coprirsi gli occhi con un suo avambraccio e appoggiarsi ad un ostacolo fisso (muro, albero o altro) che funge da "meta". Mentre "i sopra", ciascuno per suo conto, corrono a trovare un posto per nascondersi, "il sotto", nell'atteggiamento descritto, deve contare per far trascorrere 10" per ciascuno dei sopra, più 10" per il Signore e 1" per il diavolo. Durante questo conteggio "il sotto" non deve vedere niente. Se scoperto a guardare si dice che fa "occhiolino" e viene costretto a ricominciare daccapo il conteggio. Finito il conteggio in modo regolare "il sotto" deve andare a cercare "i sopra" nascosti. Non dovesse farlo (cioè non dovesse in qualche modo allontanarsi dalla "meta") allora si creerebbe la situazione detta di "coppola ferma". Il gioco viene sospeso e le procedure ricominciate daccapo. Quando il "sotto" si allontana dalla meta per fare le sue ricerche ognuno dei "sopra" ha la possibilità di uscire dal suo nascondiglio e raggiungere la meta che va toccata con una mano al grido di "Libera-mèo". Questo garantisce la sua partecipazione al turno successivo come "sopra". Quando, nel corso della sua ispezione, "il sotto" individua (o crede di aver individuato) un "sopra" deve dirne il nome e, gridando "Visto ..(nome)", correre verso la "meta" per raggiungerla e toccarla gridando "Libera-mèo". La stessa cosa deve fare il "sopra" individuato che, se dovesse arrivare alla "meta" prima del "sotto", gridando "Libera-mèo" si garantirebbe come "sopra" per il turno successivo. Nel proclamare il nome del giocatore intravisto il "sotto" potrebbe sbagliare. Cioè potrebbe indicare il nome di una persona diversa da quella realmente intravista. In questo caso si verrebbe a creare la situazione detta "Coppola-livàta". Il gioco viene interrotto e ripreso nuovamente dall'inizio. L'ultimo dei "sopra", qualora dovesse raggiungere "la meta" prima del "sotto", oltre alla possibilità di liberare se stesso col grido "Libera-mèo", ha la possibilità di liberare tutti scegliendo di gridare "Libera-Tutti". In questo caso il nuovo giro di gioco ricomincia con lo stesso "sotto" di prima. In caso contrario a fare da sotto è tenuto quello dei giocatori dei "sopra" del giro precedente che, scoperto ed indicato correttamente, per primo non è riuscito a liberarsi.

BADDRU
'U bàddru è il piccolo ciottolo sferoidale che si trova in riva al mare. Veniva adoperato come attrezzo per colpire delle monetine appoggiate sul terreno, con il verso in alto, con l'intento di farle saltare in aria sperando che ricadessero sul terreno "capovolte". Questa necessità faceva sì che in giro ci fosse una certa quantità di monetine rese vistosamente cuppùte, cioè con con cavità al recto molto pronunciatata
'A CANNILA o 'A PILA (vedi anche carrìnu e sciappèddra) Per il gergo -> e sciappeddra
Si stabilisce una posta in monete. Le monete sono poste sopra una pietra, una sull'altra a formare "a cannìla", e i giocatori, dopo aver stabilito la sequenza di tiro tramite un tiro a traguardo o altro sistema, tirano uno dopo l'altro la propria "palanca" (altra moneta) con l'intento di far cadere "a cannìla" o "pìla", ossia le monete precedentemente impilate. Bisogna, soprattutto, piazzare il proprio contrassegno (la palanca) il più vicino possibile alla cannìla, poichè non vince necessariamente chi la fa cadere. Ogni moneta che la compone è infatti assegnata alla palanca che le si viene a trovare più vicina al punto della sua caduta. Quindi è più avvantaggiato chi riesce a piazzare la propria palanca in una posizione strategicamente più accorta rispetto al punto di più probabile di caduta delle monete della pila. Se al termine del turno ("'u giru") nessuno ha fatto cadere per intero 'a pila, giocatore che aveva giocato per primo è costretto a togliere la sua palanca dal punto nel quale era prima finita e a tirare di nuovo. Il gioco prosegue nella stessa maniera per gli altri, in ordine, fino alla "caruta ra cannìla"al completo e la conseguente assegnazione di tutte le monete che la costituivano.
CARRÌNU (per il gergo vedi anche --> 'a cannila o 'a pila e sciappeddra)
'U carrìnu o carlino era una grossa moneta metallica utilizzata, sino agli anni millenovecentotrenta, per un gioco di ragazzi sui sedili di pietra della marina.
Gergo del gioco del carrìnu:
mèttisi pi' megghiu, mèttisi pi'-tappu, tutti ri canna, sunnu!, tiràri pi' seggia, fari seggia, canna, assittàrisi
A CURSA 'E SACCHI
descrizione: (peri-'nquitti)
A LAMPIÀRI

Il gioco consiste nel piazzare una propria moneta (palànca) più vicino possibile a un traguardo prefissato (il bordo di una panchina, il bordo di un marciapiede, una linea disegnata per terra ecc.). Ogni giocatore tenta di "stuccàri" ossia superare con la propria moneta quella dell'avversario piazzandola più vicina al bordo oppure spingendo la moneta dell'avversario oltre il bordo utile o comunque lontano dal traguardo. Quando tutti i giocatori hanno effettuato il tiro, il giocatore meglio piazzato "accòppa" cioè copre la propria palanca sotto la mano, in genere "lampiànnu" (facendola roteare in aria e riprendendola in mano o "piriànnu" facendola cioè ruotare su un piano e coprendola a volo con la mano). Il giocatore peggio piazzato tenta di "allisciàllu". Tira cioè a sua volta la moneta (lampiannu o piriannu) cercando di riuscire a ottenere la faccia opposta a quella del primo giocatore. Es.: se tutte e due le monete risultano testa il primo giocatore ( quello cioè che ha accoppato) vince tutta la posta concordata e messa in gioco prima della stuccata e il gioco riprende tirando di nuovo le monete , cioè facendo un'altra stuccata. Se invece una moneta è lampiata come testa e l'altra accoppata come croce il giocatore che ha accoppato è allisciatu (perde cioè la sua posta) e il giocatore arrivato secondo nella stuccàta, accoppa a sua volta. L'ultimo della stuccata lampìa di nuovo e prova ad allisciare anche il secondo giocatore e così via. L'ultimo giocatore per vincere deve cioè riuscire ad allisciari tutti i giocatori che lo hanno preceduto nella stuccata.
Il giocatore che accoppa ha la facoltà di guardare lentamente sotto il palmo la moneta e fare proposte agli altri giocatori:
1)facèmu e nòstri cioè può proporre la restituzione delle poste ai vari giocatori oppure, se a giocare sono rimasti in due soltanto, di dividere l'intera posta con l'ultimo avversario..
2)prima di accoppare può proporre di "mèttiri di ncàpu" scommettere a parte, oltre la posta, con gli astanti, anche se estranei al gioco, sull'esito della giocata.
Non è lecito "fari a fàva" cioè far finta di aver perso quando in realtà chi ha accoppato ha vinto. Pena l'eliminazione con allisciata e perdita di tutte le poste, anche a misa ri ncapu. Il numero dei giocatori è libero ed in genere si gioca a coppie di compagni che "fannu sempi e nostri" con accordo manifesto e dichiarato da subito.

 
CU STRUMMALU o PIRÌU (Trottola)
'U strùmmalu è una classica trottola di legno formata da un unico corpo, perfettamente simmetrico, approssimativamente sferico, regolare o schiacciato da una parte e terminante a goccia dall'altra. L'estremità superiore (cùcchia), in genere, è colorata a tinta unita o semplicemente scolpita a cerchi concentrici. Nell'altro lato, parte inferiore, si trova un foro nel quale viene conficcato un chiodo a doppia punta (punta) che costituisce il perno sul quale avviene la rotazione. 'A lenza (la lenza) è una corda di opportuna lunghezza che serve ad imprimere il movimento rotatorio allo strùmmalu. Un tappo metallico di gassosa, forato e bloccato con un nodo, viene posto ad una delle estremità della lenza perché questa possa essere ancorata tra due dita di una mano. L'altra estremità della lenza viene appoggiata a livello della circonferenza maggiore dello strùmmalu e, tenendola ferma con il pollice, si tende la lenza fino all'estremità inferiore della punta. Da qui si comincia ad avvolgerla strettamente in un unico strato, nella maniera più regolare e fitta possibile, procedendo dal basso verso l'alto, fino a impegnarla interamente raggiungendo il punto di fermo. Tenendo l'intera struttura in una mano, con la punta appoggiata al pollice e le altre dita chiuse sul resto, curando che l'ancoraggio della lenza alla mano sia ben assicurato dal tappo, si lancia 'u strummalu sul terreno, stendendo velocemente il braccio e ritraendolo, in un unico, rapido e continuo movimento, usando l'accortezza di rilasciare il tutto quando l'arto è completamente teso. Esistono tre modalità di tiro: 1. a' fimminìna, con le ginocchia piegate,partendo a braccio teso e tirando la lenza dal davanti verso l'indietro; 2. a' masculìna, in piedi, con il braccio piegato e la mano all'altezza della spalla,tirando dall'indietro in avanti e imprimendo maggiore energia al gesto per ottenere una maggiore velocità angolare; 3. a ammazzàri, con il braccio che, teso e rivolto verso l'alto, leggermente all'esterno del corpo, viene fatto roteare dall'alto verso il basso, da dietro in avanti, con la massima energia e velocità, sino a descrivere un arco di oltre 180 gradi. In quest'ultimo caso la direzione è poco controllabile e spesso l'azione non sortisce gli effetti desiderati. Ma in caso di successo si ottiene la massima velocità angolare. L'azione dello strùmmalu di girare attorno al suo asse è detta piriàre e l'atto di questa azione è detto 'a piriàta. Se l'asse del chiodo coincide con l'asse di rotazione, 'a piriàta avviene in modo perfetto, senza scosse. Allora si dice che 'u strùmmalu sima ( o è una sima). Se invece ciò non avviene, per difetto del chiodo o della tornitura o di altro, e 'u strùmmalu abbàlla (balla) in vario modo, allora è chiamato chiànca, con tutto il disprezzo che già il termine richiama. Per indurre l'effetto sima una volta si usava tamponare la sede lignea del chiodo con un poco di mèrda-cavàddru, anche con rituale e significazioni vagamente esoterici. Se la piriàta è perfetta, se cioè 'u strummalu sima (o è sima), allora è possibile effettuare 'a pigghiata n-mànu (presa in mano). Al tal fine si poggia il dorso della mano per terra e, ingaggiata la punta tra indice e medio, si fa scattare velocemente l'indice verso l'alto per imprimere 'o strùmmalu l'impulso necessario per farlo saltare sul palmo della mano senza interrompere 'a piriata.
'E PIZZI o Puntùna
Era il gioco "chi strummali" più diffuso. Occorreva un ampio spazio aperto. I giocatori stabilivano la priorità tirando 'u strummalu verso un traguardo costituito da una riga segnata per terra. 'U strummalu che alla prima atterrata andava più lontano degli altri dal traguardo finiva "sutta", cioè doveva essere posto per terra nel punto prefissato come quello di partenza del gioco. Gli altri giocatori (ri supra), secondo il turno prestabilito come detto prima, tiravano il loro strummalu cercando di centrare direttamente (a volo) "u strummalu sutta". Non riuscendoci potevano, aiutandosi con la lenza, cercare di spingere il loro strummalu fino a fargli toccare quello ri sutta. Una volta riusciti nell'operazione, in uno o nell'altro modo, potevano, mentre ancora piriava, "pigghiàre 'n-manu 'u strummalu" e scagliarlo contro quello ri sutta in maniera da fargli fare più corsa possibile verso il traguardo finale, anch'esso prefissato. Qualora uno dei giocatori "ri supra" non fosse riuscito a toccare, nei modi già descritti, con il proprio strummalu quello ri sutta allora, per punizione, doveva prenderne il posto nella posizione di "sutta" liberando così l'avversario che rientrava in gioco nella posizione di "ri supra". Nel caso che, dopo il tentativo di tiro, un giocatore fosse restato con la lenza accidentalmente ancora fissata 'o strummalo ( figura chiamata "campana" per la similitudine col batacchio di una campana), aveva la possibilità di ritornare in partita da "ri supra" se fosse riuscito, tenendolo per l'apice libero della lenza, ad alzare il proprio strummalo e a farlo battere per almeno tre volte su quello di "ri sutta". Altrimenti ne avrebbe preso il posto. Quando 'u strummalu ri sutta, a forza delle spinte impresse da quelli ri supra, varcava il traguardo finale la partita era finita e, avendo perso, doveva ricevere di conseguenza "i pizzi" prestabiliti. I vincitori fissavano 'u strummalu perdente per terra "a cucchiate" (cioè cucchia contro cucchia) e, tenendo il loro strummalo ben saldo in mano, colpivano per il numero di volte prestabilito e con la maggior decisione possibile, la cucchia dello strummalu perdente con la punta di quello loro, con la finalità, decisamente sadica, di infliggere quanto più danno possibile allo strummalu dell'avversario. Il danno massimo era chiaramente "a spaccata", cioè la rottura in due pezzi dello strummalu. Ma era grave anche "a scippàta ru pani", cioè il distacco di uno spicchio della cucchia (pani ru strummalu) perchè questo lo rendeva "ballerino" per la perdita della simmetria, diventando saltellante e difficilmente controllabile.
CAFÌSU R' ÒGGHIU
Con la punta di uno strùmmalu si disegnava per terra un cerchio di circa mezzo metro di raggio. Al via i giocatori cominciavano ad avvolgere il più velocemente possibile 'a lenza. Chi riusciva per primo a tirare 'u strùmmalu all'interno del cerchio gridando "rìntra i strùmmali, fora i lenzi" o viceversa "rìntra i lenzi, fora i strùmmali" costringeva gli avversari a depositare gli attrezzi richiesti all'interno del cerchio e assumeva la gestione del gioco a suo piacimento. Poteva infatti, tirando e colpendo uno qualsiasi degli attrezzi posti all'interno del cerchio, gestire il gioco degli altri costringendoli a depositare lenze o strùmmali come gli garbava e permettendo in pratica di giocare soltanto ai suoi amici più stretti. Oppure poteva beffeggiare tutti esclamando frasi di scherno la più famosa delle quali era quella dalla quale prendeva il nome il gioco:"Cafìsu r'ògghiu, a to' soru ci l'ammògghiu", dove "il cafiso" c'entra solo per questione di rima (e tua sorella solo per somma ingiuria ed offesa).
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'E SCIAPPEDDRA [giocatu sulla nuda terra](vedi 'a cannìla o 'a pila)(vedi carrìnu)

Gergo del giochi carrinu, 'a cannila, 'e sciappeddra :
Spàsciu (meta iniziale; serve per determinare l'ordine di turno dei giocatori)
Sulcu, iri o tirari a sulcu
Stuccàri = superare un altro giocatore, come posizione di vantaggio, nel tirari a sulcu
Tìddru o cannèddra o cannila o canna (meta)
'A misa = quota individuale
Munti (la sorte, cioè l'insieme del premio messo in palio)
Mèttiri 'u munti a cannèddra ('ncanniddràri).
Scanniddràri (determinare la caduta, anche parziale, du munti dalla cannèddra)
Allupari a tutti = vincere tutto, lasciare tutti a stecchetto
Allupatu = rimasto a stecchetto
Tirari a sgangha (a sponda)
Tiràri a tuppu (tiro in linea)
Tiràri pi seggia
Fari seggia
Assittàrisi
Mèttisi pi megghiu
Mèttisi pi-tappu
Tutti ri canna, sunnu!


ITTÀRI 'N-SARSA (fare la conta)
Modo di scegliere il favorito di turno nell'ambito di un gruppo. I giocatori, dopo essersi disposti in circolo e dopo aver stabilito da chi iniziare e il senso orario o antiorario della conta, "buttano" contemporaneamente in avanti una mano con un numero a loro piacere di dita protese (anche nessuno). Si fa il contodi tutte le dita e si procede toccando ad uno ad uno i partecipanti nel modo stabilito. L'ultimo toccato, a termine della conta, è il favorito (chìddru chi scìu = quello che è uscito per sorte) ed è lui che da inizio al gioco.
FOSSETTO
Stabilito con uno dei sistemi più in voga ( tiro ad un traguardo, cunta, paru e ziparu, ecc.) una turnazione di gioco, la posta prefissata viene assegnata al giocatore che per primo riesce a fare entrare in una piccola buca, posta su una superficie piana, la propria moneta per tiro diretto, in piedi, oppure chi,dopo che tutti hanno tirato e piazzato le loro monete in vicinanza di essa, spingendola sul piano con il classico scatto dell'indice pressato sul pollice, riesce nello stesso intento.
MUFFA 31
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PALLA TEDESCA (Capitànu sugnu iò!)
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PALMU
È un gioco che sorge improvvisamente quando si è in molti. Improvviso e spontaneo un soggetto del gruppo, lanciando per terra una moneta, grida "pi' primu". Altri, di seguito, senza un ordine prestabilito, accettando la sfida, buttano a loro volta una moneta ciascuno per terra in un punto qualsiasi a loro scelta, rispondendo "pi' secunnu", "pi' tezzu", e così via. Quando anche le loro monete sono poste sul campo, il giocatore che "pi' primu" si era prenotato, spinge, con uno scatto del suo dito indice, la propria moneta (palanca) in una direzione a sua scelta, con l'intento di catturare una delle monete poste sul terreno. La cattura avviene quando il giocatore di turno riesce a fare avvicinare la propria moneta entro la distanza massima di un palmo dalla moneta di uno qualsiasi degli avversari. Ogni giocatore ha come unità di misura il palmo della propria mano. Se l'azione ha avuto successo, il giocatore mantiene il diritto a rigiocare. In caso di errore il diritto passa, rispettando la chiamata iniziale, al giocatore seguente non ancora eliminato. Il gioco ha termine quando un giocatore riesce ad eliminare l'ultimo avversario. La posta è fissa e si determina a monete schierate. Il catturato paga ovviamente il catturatore. In genere ci sono più vincitori.
MURRA o PÀRU E ZÌPARU
È un gioco a due e a punti. Ognuno dei due giocatori può usare le dita di una sola mano. Il gioco consiste nell'indovinare se la somma delle dita delle mani dei due giocatori, nella "iccàta", sarà pari o dispari.. A turno o casualmente uno dei due prenota la sorte "paru" o "zìparu)", cioè punta su una somma pari o dispari. L'altro sarà tenuto ad accettare di puntare sulla sorte restante. A questo punto i due giocatori fanno la "iccàta", cioè estendono sincronicamente un 'avambraccio aprendo un numero di dita della mano a loro piacimento. Cioè da zero (pugno chiuso) a cinque. Se la somma risultante è un numero pari fa il punto il giocatore che aveva scelto la sorte "paru", altrimenti, come è ovvio, il punto lo fa il giocatore che aveva puntato sulla sorte "zìparu". Vince chi raggiunge il numero di punti stabilito all'inizio (generalmente tre).
RIGGHIÒCCU
Si gioca a singolo o a squadre in un terreno quanto più piano possibile. Servendosi di una paletta di legno, ogni giocatore , partendo da una linea di riferimento prestabilita detta passatèra doveva far passare una boccia di legno (còcula) attraverso un anello di ferro infisso verticalmente sul terreno e chiamato appunto rigghiòccu. Una delle mosse più spettacolari era il tiro detto "a pàla-utàta" consistente nel riuscire a fare attraversare il rigghiòccu dalla cocula tirata da una posizione molto angolata (come un corner).
SCANNÉDDRU
'U scannèddru era un pezzo di legno con due punte affillate a cono o piramide che veniva fatto saltare colpendolo con un altro pezzo di legno detto pala e quindi possibilmente colpito di nuovo mentre era in aria per scagliarlo quanto più lontano possibile. L'avversario, a sua volta, aveva la possibilità di intercettarlo a volo con la sua coppola.
SCORNAVOI
Gioco tra due ragazzi consistente nel rotolare all'indietro dopo che uno ha fatto perno con le ginocchia sul sedere dell'altro che ha già afferrato per i piedi.
STUCCÀRI e STUCCÀTA = -> A lampàri
TIRÀRI 'N-SÀRSA o 'N-SÀSSA
È un gioco prodromico, introduttivo a un gioco successivo. Serve ad individuare a caso quello, tra un gruppo di partecipanti, che assumerà un ruolo particolare e direttivo nel gioco che successivamente si ha l'intenzione di fare. I partecipanti si dispongono in cerchio. Si sceglie il partecipante da cui partirà il conteggio e si stabilisce se questo verrà effettuato in senso orario o antiorario. A questo punto i partecipanti estendono sincronicamente un avambraccio aprendo ciascuno un numero di dita a suo piacimento (iccàta). Da zero (pugno chiuso) a cinque (mano aperta). Si effettua la conta (somma) e si fa il conteggio a partire dal partecipante prestabilito e procedendo nel senso deciso e, incrementando di una unità per ciascuno dei partecipanti posti in successione, si arriva a individuare quello che corrisponde al numero della somma contata. Egli è l'eletto che darà le indicazioni o prenderà le decisioni inerenti il gioco che si intenderà fare in subito dopo..
SENÀRI SENÀRI BUCÀLI, S'UNN È CHISSU, RAPÌTIMI CHISSU
Formula magico-scherzosa da usare quando per gioco si doveva indovinare in quale delle due mani chiuse a pugno l'avversario avesse nascosto l'oggetto-pegno da trovare.
TRIRITÌCCHITE
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I TAPPI

Si utilizzavano i tappi a corona che chiudevano le bottiglie di  gazzosa o di altra bevanda. Si tracciava per terra con un gessetto una pista con curve, rettilinei, gimcane. Si stabiliva un ordine di prtenza tra i gocatori. Ognuno di essi disponeva di un tappo che deveva fare muovere colpendolo facendo schioccare, con la mano appoggiata per terra, il dito indice prima bloccato dal pollice. Se nella sua corsa il tappo esciva dai margini disegnati della pista il giocatore deveva riporlo nel punto dal quale era partito perdendo così un turno di gioco. Vinceva chi attraversava per primo (e quindi con un numero minore di tiri) il traguardo. 

'U IÒCU 'A 'NTINNA
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'U IÒCU D'I CINCU PETRI
Gioco di ragazzini. Bisognava tirare in aria contemporaneamente cinque sassolini e riprendenei a volo quanti più possibile. Quelli che inevitabilmente finivano per terra dovevano poi essere raccolti dallo stesso giocatore con una mano sola, già designata, e seguendo tutta una procedura fatta di particolari condizioni imposte da chi reggeva il gioco. Questi veniva designato prima, ad inizio gioco, con varia metodologia (tirannu 'n-sàssa, con una cunta, con una stuccata ecc). Vinceva il gioco, e l'eventuale posta, chi raggiungeva lo scopo col minore numero di tentativi o prove.
QUATRÉTTU = antico gioco di ragazzini
Si disegnavano per terra, con il gesso o con il carbone, uno o più quadrati.............(Jucàri a quatréttu)................
'U IÒCU D'I PIGNATÈDDRE

Tipico delle feste di quartiere. Veniva tesa una fune in mezzo ad uno spiazzo e ad essa venivano attaccati delle pignateddre di terracotta contenenti come dono una sorpresa non sempre gradita. L'altezza da terra dipendeva dalla lunghezza del bastone col quale ogni giocatore; bendato, doveva cercare di colpire e rompere una qualsiasi delle pignateddre per vincere il premio ivi contenuto. Restando, abbastanza spesso, scornato e deriso.

 

PÀRTIRI 'A VARCA (da Giuseppe Di Marzo, o.c.)
Consisteva nel mettere a mare delle piccole barche giocattolo (25/50 cm) che i ragazzini generalmente costruivano da sé e farle partire ("i partìamu", trans.) con piccole rudimentali vele. Erano interminabili "regate" che si tenevano ai ->"friddi" di Lazzaretto.
'U TOCCU (bevuta a scommessa)

''U IOCU D'A PÌSCIA = gioco nel quale il due di spade (detto pìscia) era la carta vincente - [Chi sa in che cosa consisteva, cioè come si giocava?]
Risponde Gianfranco Bertino: " il gioco della piscia": il 2 di spade è la carta vincente. Si girano le carte ai giocatori e quando esce l'asso [cioè un asso] si prende una quota, quando esce il 2 di spade si vince il piatto.

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